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Updated: 30-Sep-2002 Conferences

Seminario
internazionale
“Dal Dialogo
alla Partnership.
La sicurezza
nel
Mediterraneo
e la Nato:
prospettive
future”
Roma,
Palazzo
Montecitorio
30 sett. 2002

Indirizzo di saluto

del Presidente della Camera dei Deputati
On. Pier Ferdinando Casini

Signor segretario generale della NATO, Signor Vice Presidente del Senato, Signor Ministro della Difesa, Signori Rappresentanti permanenti degli Stati membri della NATO, Signori Ambasciatori dei Paesi Partner del Dialogo Mediterraneo, Onorevoli Colleghi,

Vi il più cordiale benvenuto alla Camera dei Deputati, desidero innanzitutto esprimerVi la gratitudine mia personale e dell'Assemblea che ho l'onore di presiedere per aver accettato di intervenire all'odierno seminario e di dibattere un tema cui il mio Paese annette il massimo interesse. Ringrazio, altresì, i Colleghi componenti della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare della NATO, ed in particolare il loro Presidente senatore Forcieri, per aver promosso l’iniziativa, unitamente all'Ufficio Stampa e Informazione della NATO ed all'Istituto Affari Internazionali.

La dimensione transatlantica e la dimensione mediterranea costituiscono due linee-guida della proiezione internazionale dell'Italia, che sono oggetto di particolare attenzione sul piano parlamentare.

Da un lato, l'adesione al Patto Atlantico ha segnato la rinascita della democrazia italiana ed il suo ritorno nella comunità internazionale all'indomani della seconda guerra mondiale.

Dall'altro, la vocazione mediterranea dell'Italia non nasce soltanto dalla sua collocazione geografica, ma soprattutto da una storia comune fatta di una fittissima trama di scambi e di relazioni.

L'instaurazione del Dialogo Mediterraneo della NATO ed il suo sviluppo, pertanto, hanno visto e vedono il Parlamento italiano particolarmente sensibile ed impegnato. Non è un caso che un'analoga iniziativa sia stata ospitata in questo stesso Palazzo solo pochi anni fa.

Oggi, tuttavia, non siamo nelle condizioni di poterci considerare soddisfatti meramente rivendicando una primogenitura ovvero una continuità, come talora capita a noi politici. Non può sfuggire a nessuno che la crisi internazionale che stiamo vivendo, all’indomani degli attacchi terroristici dell’11 settembre, ha proprio nel bacino mediterraneo uno dei punti nevralgici e che la pace mondiale è intimamente connessa alla stabilità della regione.

Se il Dialogo Mediterraneo non fosse stato inventato, avremmo dovuto inventarlo. Oggi, invece, abbiamo l'opportunità di mettere a frutto la cooperazione sin qui intercorsa e di portarla avanti adeguandola alle nuove sfide.

Grazie al Dialogo Mediterraneo, soldati arabi e soldati americani ed europei si sono trovati fianco a fianco negli anni novanta in Bosnia-Erzegovina ed hanno contribuito insieme alla stabilizzazione dell'area balcanica, nella consapevolezza di stare operando anche per la sicurezza del proprio paese e della propria gente.

Il terrorismo fondamentalista ha puntato tutte le sue carte sulla contrapposizione tra Occidente ed Islam, sullo scontro tra le civiltà. Al contrario, dopo l'11 settembre, il mondo si è scoperto più maturo e più unito. Pur consapevoli della loro diversità e gelosi della loro identità, i popoli di entrambe le sponde del Mediterraneo hanno ancora una volta sperimentato quanto ormai i loro destini si intersechino e come sia importante condividere una prospettiva comune di pace e di sviluppo.

Non è un caso se per la prima volta, dopo le consuete riunioni a carattere bilaterale con ciascuno dei sette Paesi del Dialogo, lo scorso anno abbia avuto luogo una riunione a carattere multilaterale sulla risposta da dare al terrorismo internazionale.

Si è trattato di un indubbio salto di qualità. Il multilateralismo rappresenta, infatti, sulla scena internazionale l'investimento politico più remunerativo in vista della risoluzione delle crisi regionali e della costruzione della governance mondiale, imperniata sul ruolo delle Nazioni Unite. Le relazioni multilaterali sono forse più laboriose, ma assicurano senz’altro maggiore efficacia alla politica estera e sviluppano il senso di responsabilità degli interlocutori gli uni verso gli altri. Una logica diversa sarebbe del tutto inadeguata a gestire la complessità del mondo contemporaneo.

La solidarietà transatlantica costituisce un tassello fondamentale di questo mosaico. Come europei, siamo consapevoli di aver goduto di un cinquantennio di pace - nonostante le tensioni dell’epoca della guerra fredda - proprio in virtù dell’alleanza atlantica. Talora, le alleanze politiche e militari si rivelano le migliori alleate della pace. Ecco perché pensiamo che il posto della NATO non sia la soffitta della storia del XX secolo, ma l’attualità del XXI secolo in tutta la sua urgenza.

Stiamo forse vivendo, allora, un'occasione storica, che sarebbe ingiusto sottovalutare o mancare. Sappiamo bene quanto pesi negativamente sulle prospettive di approfondimento del Dialogo Mediterraneo la situazione del Medio Oriente. Ma è forse venuto il momento di ribaltare il modo di affrontare il problema nei termini che si sono cristallizzati da entrambe le parti.

Perché non immaginare, invece, che proprio una più intensa cooperazione tra Paesi NATO e Paesi mediterranei possa favorire la ripresa del processo di pace e soprattutto il ristabilimento della necessaria fiducia reciproca? Così come i progressi di Oslo e di Madrid a suo tempo favorirono l'avvio del Dialogo, oggi che il Dialogo si è strutturato potrebbe derivarne una positiva influenza nell'altro senso.

E' in questo spirito, a mio avviso, che possiamo e dobbiamo puntare ad una trasformazione del Dialogo Mediterraneo della NATO in una vera e propria Partnership, come lo stesso Segretario Generale ha in vari recenti interventi auspicato.

In particolare, desidero esprimere pieno sostegno all'esigenza prospettata da Lord Robertson di lanciare un forte e chiaro segnale ai Paesi della sponda meridionale nel momento in cui l'Alleanza Atlantica prosegue il suo ampliamento verso Est.

Non vogliamo che il Mediterraneo si trasformi in una linea di confine, in una paratia a tenuta stagna. Vogliamo, invece, che il Mediterraneo interpreti pienamente quella funzione di regione-mondo che la sua storia e la sua geografia hanno plasmato facendone qualcosa di più di un’area di frontiera, e cioè una “terra di mezzo” la cui vocazione naturale è l’essere cerniera tra popoli e civiltà.

L'Italia si è impegnata fattivamente per l'ampliamento della NATO richiamando in proposito l'esigenza di un equilibrio sul piano regionale che tenesse conto dell'Europa sud-orientale ed ha recentemente lavorato con convinzione per rendere compiuta l'intesa con la Russia.

Siamo lieti che, in ambito NATO come del resto nell'ambito dell'Unione europea, prenda via via corpo quella Grande Europa che abbiamo sognato utopisticamente al tempo della guerra fredda. Ma di quel sogno il Mediterraneo è sempre stato parte integrante.

In tale ottica, credo che sia opportuna una riflessione sul fatto che lo sviluppo delle relazioni tra la NATO e i Paesi mediterranei non possa prescindere dal Partenariato Euromediterraneo. Dalla Dichiarazione di Barcellona, il Mediterraneo non può più essere considerato nel quadro tradizionale delle relazioni Nord-Sud oppure del rapporto tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo, bensì come un soggetto unitario le cui parti hanno la consapevolezza di condividere un destino comune, anche sul piano della sicurezza.

Il versante parlamentare potrebbe essere forse la sede più opportuna per sviluppare tale raccordo. L'Assemblea parlamentare della NATO e il suo Gruppo speciale sul Mediterraneo potrebbero approfondire le loro relazioni con i diversi fora in cui si è articolata la cooperazione parlamentare nell'ambito del "processo di Barcellona", soprattutto ora che si delinea l'istituzione di un'Assemblea parlamentare euromediterranea. Utili apporti potrebbero venire anche dai gruppi di lavoro che si occupano del Mediterraneo presso le altre assemblee parlamentari internazionali, come il Consiglio l'Europa, l'UEO e l'OSCE.

Ma il Dialogo Mediterraneo può trovare impulso anche per iniziativa dei Parlamenti nazionali, nei rispettivi contatti bilaterali. La Camera dei Deputati, ad esempio, ha stipulato protocolli di collaborazione con quasi tutti i Paesi della sponda meridionale e vedo in sala alcuni colleghi parlamentari di quei Paesi che sono nostri diretti interlocutori.

I Parlamenti possono, infatti, imprimere all’esercizio in corso quella curvatura politica che appare oggi indispensabile per rafforzare la fiducia, la trasparenza e la comprensione reciproca. Nel formulare, perciò, i migliori auguri di buon lavoro, sono certo che il confronto che oggi avrà luogo, proprio perché si svolgerà tra amici, contribuirà in modo decisivo alla sicurezza mediterranea.