Indirizzo
di saluto
del
Presidente della Camera dei Deputati
On. Pier Ferdinando Casini
Signor segretario generale della NATO, Signor
Vice Presidente del Senato, Signor Ministro della Difesa, Signori
Rappresentanti permanenti degli Stati membri della NATO, Signori
Ambasciatori dei Paesi Partner del Dialogo Mediterraneo, Onorevoli
Colleghi,
Vi il più cordiale benvenuto alla Camera
dei Deputati, desidero innanzitutto esprimerVi la gratitudine
mia personale e dell'Assemblea che ho l'onore di presiedere
per aver accettato di intervenire all'odierno seminario e di
dibattere un tema cui il mio Paese annette il massimo interesse.
Ringrazio, altresì, i Colleghi componenti della Delegazione
italiana presso l'Assemblea parlamentare della NATO, ed in particolare
il loro Presidente senatore Forcieri, per aver promosso l’iniziativa,
unitamente all'Ufficio Stampa e Informazione della NATO ed all'Istituto
Affari Internazionali.
La dimensione transatlantica e la dimensione
mediterranea costituiscono due linee-guida della proiezione
internazionale dell'Italia, che sono oggetto di particolare
attenzione sul piano parlamentare.
Da un lato, l'adesione al Patto Atlantico ha
segnato la rinascita della democrazia italiana ed il suo ritorno
nella comunità internazionale all'indomani della seconda
guerra mondiale.
Dall'altro, la vocazione mediterranea dell'Italia
non nasce soltanto dalla sua collocazione geografica, ma soprattutto
da una storia comune fatta di una fittissima trama di scambi
e di relazioni.
L'instaurazione del Dialogo Mediterraneo della
NATO ed il suo sviluppo, pertanto, hanno visto e vedono il Parlamento
italiano particolarmente sensibile ed impegnato. Non è
un caso che un'analoga iniziativa sia stata ospitata in questo
stesso Palazzo solo pochi anni fa.
Oggi, tuttavia, non siamo nelle condizioni
di poterci considerare soddisfatti meramente rivendicando una
primogenitura ovvero una continuità, come talora capita
a noi politici. Non può sfuggire a nessuno che la crisi
internazionale che stiamo vivendo, all’indomani degli
attacchi terroristici dell’11 settembre, ha proprio nel
bacino mediterraneo uno dei punti nevralgici e che la pace mondiale
è intimamente connessa alla stabilità della regione.
Se il Dialogo Mediterraneo non fosse stato
inventato, avremmo dovuto inventarlo. Oggi, invece, abbiamo
l'opportunità di mettere a frutto la cooperazione sin
qui intercorsa e di portarla avanti adeguandola alle nuove sfide.
Grazie al Dialogo Mediterraneo, soldati arabi
e soldati americani ed europei si sono trovati fianco a fianco
negli anni novanta in Bosnia-Erzegovina ed hanno contribuito
insieme alla stabilizzazione dell'area balcanica, nella consapevolezza
di stare operando anche per la sicurezza del proprio paese e
della propria gente.
Il terrorismo fondamentalista ha puntato tutte
le sue carte sulla contrapposizione tra Occidente ed Islam,
sullo scontro tra le civiltà. Al contrario, dopo l'11
settembre, il mondo si è scoperto più maturo e
più unito. Pur consapevoli della loro diversità
e gelosi della loro identità, i popoli di entrambe le
sponde del Mediterraneo hanno ancora una volta sperimentato
quanto ormai i loro destini si intersechino e come sia importante
condividere una prospettiva comune di pace e di sviluppo.
Non è un caso se per la prima volta,
dopo le consuete riunioni a carattere bilaterale con ciascuno
dei sette Paesi del Dialogo, lo scorso anno abbia avuto luogo
una riunione a carattere multilaterale sulla risposta da dare
al terrorismo internazionale.
Si è trattato di un indubbio salto di
qualità. Il multilateralismo rappresenta, infatti, sulla
scena internazionale l'investimento politico più remunerativo
in vista della risoluzione delle crisi regionali e della costruzione
della governance mondiale, imperniata sul ruolo delle Nazioni
Unite. Le relazioni multilaterali sono forse più laboriose,
ma assicurano senz’altro maggiore efficacia alla politica
estera e sviluppano il senso di responsabilità degli
interlocutori gli uni verso gli altri. Una logica diversa sarebbe
del tutto inadeguata a gestire la complessità del mondo
contemporaneo.
La solidarietà transatlantica costituisce
un tassello fondamentale di questo mosaico. Come europei, siamo
consapevoli di aver goduto di un cinquantennio di pace - nonostante
le tensioni dell’epoca della guerra fredda - proprio in
virtù dell’alleanza atlantica. Talora, le alleanze
politiche e militari si rivelano le migliori alleate della pace.
Ecco perché pensiamo che il posto della NATO non sia
la soffitta della storia del XX secolo, ma l’attualità
del XXI secolo in tutta la sua urgenza.
Stiamo forse vivendo, allora, un'occasione
storica, che sarebbe ingiusto sottovalutare o mancare. Sappiamo
bene quanto pesi negativamente sulle prospettive di approfondimento
del Dialogo Mediterraneo la situazione del Medio Oriente. Ma
è forse venuto il momento di ribaltare il modo di affrontare
il problema nei termini che si sono cristallizzati da entrambe
le parti.
Perché non immaginare, invece, che proprio
una più intensa cooperazione tra Paesi NATO e Paesi mediterranei
possa favorire la ripresa del processo di pace e soprattutto
il ristabilimento della necessaria fiducia reciproca? Così
come i progressi di Oslo e di Madrid a suo tempo favorirono
l'avvio del Dialogo, oggi che il Dialogo si è strutturato
potrebbe derivarne una positiva influenza nell'altro senso.
E' in questo spirito, a mio avviso, che possiamo
e dobbiamo puntare ad una trasformazione del Dialogo Mediterraneo
della NATO in una vera e propria Partnership, come lo stesso
Segretario Generale ha in vari recenti interventi auspicato.
In particolare, desidero esprimere pieno sostegno
all'esigenza prospettata da Lord Robertson di lanciare un forte
e chiaro segnale ai Paesi della sponda meridionale nel momento
in cui l'Alleanza Atlantica prosegue il suo ampliamento verso
Est.
Non vogliamo che il Mediterraneo si trasformi
in una linea di confine, in una paratia a tenuta stagna. Vogliamo,
invece, che il Mediterraneo interpreti pienamente quella funzione
di regione-mondo che la sua storia e la sua geografia hanno
plasmato facendone qualcosa di più di un’area di
frontiera, e cioè una “terra di mezzo” la
cui vocazione naturale è l’essere cerniera tra
popoli e civiltà.
L'Italia si è impegnata fattivamente
per l'ampliamento della NATO richiamando in proposito l'esigenza
di un equilibrio sul piano regionale che tenesse conto dell'Europa
sud-orientale ed ha recentemente lavorato con convinzione per
rendere compiuta l'intesa con la Russia.
Siamo lieti che, in ambito NATO come del resto
nell'ambito dell'Unione europea, prenda via via corpo quella
Grande Europa che abbiamo sognato utopisticamente al tempo della
guerra fredda. Ma di quel sogno il Mediterraneo è sempre
stato parte integrante.
In tale ottica, credo che sia opportuna una
riflessione sul fatto che lo sviluppo delle relazioni tra la
NATO e i Paesi mediterranei non possa prescindere dal Partenariato
Euromediterraneo. Dalla Dichiarazione di Barcellona, il Mediterraneo
non può più essere considerato nel quadro tradizionale
delle relazioni Nord-Sud oppure del rapporto tra Paesi sviluppati
e Paesi in via di sviluppo, bensì come un soggetto unitario
le cui parti hanno la consapevolezza di condividere un destino
comune, anche sul piano della sicurezza.
Il versante parlamentare potrebbe essere forse
la sede più opportuna per sviluppare tale raccordo. L'Assemblea
parlamentare della NATO e il suo Gruppo speciale sul Mediterraneo
potrebbero approfondire le loro relazioni con i diversi fora
in cui si è articolata la cooperazione parlamentare nell'ambito
del "processo di Barcellona", soprattutto ora che
si delinea l'istituzione di un'Assemblea parlamentare euromediterranea.
Utili apporti potrebbero venire anche dai gruppi di lavoro che
si occupano del Mediterraneo presso le altre assemblee parlamentari
internazionali, come il Consiglio l'Europa, l'UEO e l'OSCE.
Ma il Dialogo Mediterraneo può trovare
impulso anche per iniziativa dei Parlamenti nazionali, nei rispettivi
contatti bilaterali. La Camera dei Deputati, ad esempio, ha
stipulato protocolli di collaborazione con quasi tutti i Paesi
della sponda meridionale e vedo in sala alcuni colleghi parlamentari
di quei Paesi che sono nostri diretti interlocutori.
I Parlamenti possono, infatti, imprimere
all’esercizio in corso quella curvatura politica che appare
oggi indispensabile per rafforzare la fiducia, la trasparenza
e la comprensione reciproca. Nel formulare, perciò, i
migliori auguri di buon lavoro, sono certo che il confronto
che oggi avrà luogo, proprio perché si svolgerà
tra amici, contribuirà in modo decisivo alla sicurezza
mediterranea.
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