Una valutazione del Dialogo Mediterraneo della NATO
Risultati del Dialogo
- Italian
- Bulgarian
- Czech
- Danish
- German
- Greek
- English
- Spanish
- Estonian
- French
- Hungarian
- Icelandic
- Lithuanian
- Latvian
- Dutch
- Polish
- Romanian
- Russian
- Slovak
- Slovenian
- Turkish
- Ukrainian
Mohamed Kadry Said compie una valutazione da sud del Dialogo Mediterraneo della NATO, dieci anni dopo la sua creazione
Operare con la NATO: Egiziani, Giordani e Marocchini(nella foto) hanno partecipato alle operazioni a guida NATO nei Balcani
Nel decennio successivoall’avvio del Dialogo Mediterraneo della NATO, il contestostrategico nell'area euro-atlantica, in Medio Oriente e altrove èmutato tanto da essere pressoché irriconoscibile. In seguito agliattacchi terroristici dell’11 settembre 2001 contro gli Stati Unitied alle campagne in Afghanistan e in Iraq guidate dagli USA,l'Alleanza ha cominciato a svolgere un ruolo assai maggiore sullascena internazionale e la più vasta regione del Mediterraneo e ilpiù vasto Medio Oriente appaiono sempre più delle aree di futurointeresse. Se vi è una logica possibilità di estendere l'impegnodella NATO a questa parte del mondo, l'Alleanza deve cercare disviluppare delle relazioni in entrambi i sensi con i paesi arabi edanche comprendere le loro preoccupazioni nel campo dellasicurezza.
Sino ad oggi, il Dialogo Mediterraneo dellaNATO è stato innanzitutto politico, utilizzato per promuovere unamaggiore comprensione delle politiche e delle attività della NATOnei paesi del Dialogo mentre simultaneamente si valutavano le loroesigenze di sicurezza. Di conseguenza, lo scambio di informazioniha costituito l’elemento centrale del Dialogo mediante il Gruppoper la cooperazione nel Mediterraneo, un foro creato nel vertice diMadrid dell'Alleanza (1997). Tramite questo, gli alleatiintrattengono regolari discussioni politiche con ciascun singolopartner del Dialogo, la cosiddetta composizione a 19 + 1, o contutti e sette i paesi del Dialogo (Algeria, Egitto, Israele,Giordania, Mauritania, Marocco e Tunisia) la cosiddettacomposizione a 19 + 7.
Nonostante la natura politica del Dialogo, visono implicate numerose difficili questioni di sicurezza. Gliinteressi economici e la sicurezza energetica sono ovviamente alcentro della politica della NATO nel Mediterraneo, dato che circail 65% del petrolio e del gas consumati in Europa occidentale passaattraverso il Mediterraneo. Inoltre, gli analisti della sicurezzahanno da tempo previsto che la combinazione di economie stagnantied esplosioni demografiche in Africa settentrionale costituirannodelle sfide strategiche a lungo termine per l’Europa sotto forma diimmigrazione illegale ed anche di terrorismo. Allo stesso tempo, laproliferazione missilistica in Medio Oriente e in Africasettentrionale influisce direttamente sulla sicurezza dell’Europa esulla libertà di azione nel Mediterraneo.
Dall’inizio, comunque, il DialogoMediterraneo della NATO, come pure tutte le analoghe iniziative didialogo e di cooperazione, tra cui il Processo di Barcellonadell'Unione Europea, è stato ostacolato da contrastanti aspettativedegli alleati da una parte e dei paesi arabi del Dialogodall'altra. L’Europa e gli Stati Uniti sembrano ritenere che ildialogo politico, le discussioni e lo scambio di informazionidebbano costituire il punto di partenza di un rapporto per crearela fiducia e stimolare una costruttiva cooperazione. All’opposto, ipaesi arabi del Dialogo preferiscono cominciare dai problemidifficili, in particolar modo da quelli relativi al conflittoarabo-israeliano.
Combattere il terrorismo e liberare il MedioOriente dalle armi di distruzione di massa hanno costituito neglianni ‘90 le priorità per i paesi arabi del Dialogo, sebbene non lofossero per la NATO. La partecipazione poco entusiasta dei paesiarabi sia al Processo di Barcellona che al Dialogo Mediterraneo harappresentato una risposta alle sconfitte del processo di pace inMedio Oriente. Le differenze di prospettiva non hanno consentitoche si pervenisse ad un costruttivo modo di pensare riguardo alfuturo della regione.
Il Concetto strategico dell'Alleanza del 1999già lasciava intravedere ai paesi arabi del Dialogo un mutamentonelle possibili missioni della NATO tra cui l’affrontare una seriedi rischi assai diversificati, molti dei quali provenienti da sud.Questa ampliata interpretazione del mandato della NATO ha fattoinevitabilmente sorgere degli interrogativi tra i paesi meridionaliriguardo ai limiti geografici dell’attività dell'Alleanza. Inoltre,questi interrogativi si sono trasformati in preoccupazioni quantoall’essere preparati, nel caso in cui l'Alleanza o singoli alleatiagissero senza l’esplicita approvazione dell’ONU, come già eraaccaduto per l'intervento della NATO in Kosovo e per la campagna inIraq guidata dagli USA.
Risultati del Dialogo
L'Alleanza deve cercare di sviluppare dellerelazioni in entrambi i sensi con i paesi arabi ed anchecomprendere le loro preoccupazioni nel campo dellasicurezza
Nel corso degli anni, la NATO ha finanziatouna serie di conferenze e seminari per rappresentanti dei paesidella NATO e del Dialogo. La prima di queste conferenze si tenne aRoma (Italia), nel novembre 1997 sul tema Il futuro del Dialogodella NATO; a questa fece seguito una conferenza a Valencia(Spagna), nel febbraio 1999 sul tema Il Dialogo Mediterraneo ela nuova NATO. Mentre la conferenza di Roma contribuì adindividuare le dimensioni di cooperazione pratica del Dialogo, laconferenza di Valencia fu la prima opportunità per gli ambasciatorisia della NATO che degli allora sei partner mediterranei diincontrarsi per discutere su come procedere.
Le altre attività pratiche di dialogo hannoriguardato le borse di studio istituzionali, i piani civili diemergenza e la cooperazione scientifica. Nel 1998, l'Alleanza hainvitato i paesi del Dialogo Mediterraneo a partecipare al suoprogramma di borse di studio istituzionali. Quattro di tali borsesono state attribuite da allora ai paesi del Dialogo Mediterraneo.Dal canto loro, parlamentari, leader di opinione, accademici,giornalisti e funzionari dei paesi del Dialogo Mediterraneo hannopartecipato a visite alla sede della NATO. Ed una serie di seminaridel Dialogo si è svolta sotto gli auspici del Gruppo speciale peril Mediterraneo con la partecipazione di parlamentari provenientidai paesi della NATO, del Dialogo e da paesi terzi, come pure dirappresentanti di organizzazioni internazionali. Inoltre, tre paesidel Dialogo hanno ottenuto lo status di osservatore nell’Assembleaparlamentare della NATO: Marocco ed Israele nel 1994, ed Egitto nel1995.
Dei rappresentanti dei paesi del Dialogohanno frequentato i corsi sui piani civili di emergenza presso laScuola della NATO di Oberammergau ed in altre sedi. E gliscienziati dei paesi del Dialogo hanno partecipato a riunioni dilavoro di ricerca avanzata e ad altre iniziative patrocinate dallaNATO nel quadro del Programma scientifico della NATO.
La dimensione militare del DialogoMediterraneo include la partecipazione in qualità di osservatori adesercitazioni terrestri e navali della NATO e del PfP, visite allestrutture militari della NATO, lo scambio di ufficiali di statomaggiore, e la partecipazione a gruppi di lavoro e a seminari.Sebbene al di fuori del contesto del Dialogo Mediterraneo, Egitto,Giordania e Marocco hanno partecipato alle operazioni dell'Alleanzaa sostegno della pace in Bosnia Erzegovina, sia nell’ambito di IFORche di SFOR. E truppe giordane e marocchine sono attualmentecoinvolte nelle operazioni a guida NATO di KFOR inKosovo.
Prima degli attacchi terroristici dell’11settembre 2001 e delle campagne in Afghanistan e in Iraq,l’intenzione di rafforzare il Dialogo era limitata. Ad eccezione diun rapporto della RAND Corporation americana, si propendeva aconcentrarsi sull’incremento della frequenza delle discussionipolitiche, proponendo ulteriori occasioni di riunioni a livello diambasciatori, incoraggiando i paesi del Dialogo ad organizzareiniziative analoghe alle conferenze di Roma e di Valencia estabilendo legami diretti tra lo Stato maggiore militareinternazionale della NATO e le forze armate dei paesi delDialogo.
Lo studio della RAND, intitolato Il futurodell’Iniziativa mediterranea della NATO: evoluzione e prossimipassi e pubblicato nel 1999, proponeva numeroseraccomandazioni politiche. Queste includevano delle misure volte arafforzare la dimensione non governativa; a riformulare l'agenda disicurezza della regione per includervi il terrorismo, la sicurezzaenergetica, i flussi di rifugiati, i piani civili di emergenza, ela proliferazione delle WMD; il passaggio ad attività praticherelative alla difesa sul modello PfP; includere l’attivitàparlamentare quale parte formale del Dialogo; istituire nelMediterraneo una rete per la prevenzione delle crisi e peraccrescere la fiducia; effettuare delle esercitazioni bilaterali didifesa; istituire una rete di studi sulla difesa NATO-regionemediterranea; e aumentare il finanziamento del Dialogo. Il rapportoinoltre raccomandava un'eventuale espansione a sud della NATO per"allentare ulteriormente la tradizionale attenzione della NATOverso l’Europa centrale e dischiudere nuove possibilità di impegnoa sud".
L’attuale contesto di sicurezza è, comunque,così mutato da quello che prevaleva negli anni ‘90 che tre aspettifondamentali devono essere presi in considerazione quando sivalutano le future prospettive del Dialogo Mediterraneo. Questisono: aspetti geografici; meccanismi di cambiamento; ed un nuovosistema di valori.
Aspetti geografici: dopo l’11settembre e le campagne in Afghanistan e in Iraq, il potenzialespazio geografico per la cooperazione nel campo della sicurezza trala NATO e i paesi del Dialogo si è esteso verso est finoall’Afghanistan e probabilmente oltre. Inoltre, mentre i paesi delDialogo erano considerati al di fuori dell'area nord atlantica edunque esclusi dal sistema di sicurezza dell'Alleanza, le minacceodierne sono tali che i confini fisici risultano sempre piùinsignificanti. L’ubicazione geografica di qualsiasi sistema disicurezza costituisce un elemento fondamentale dellapianificazione, dell’addestramento, del comando e controllo, deltrasporto strategico, e delle operazioni di intelligence. L’aspettogeografico può inoltre richiedere nuovi tipi di missioni edoperazioni. Dato che Egitto, Giordania e Marocco hanno già operatosotto comando NATO nei Balcani, questi stessi paesi potrebbero oraprendere in considerazione l’invio di truppe nella missione a guidaNATO in Afghanistan o di partecipare alle operazioni dell'Alleanzain altri luoghi per combattere il terrorismo e la proliferazionedelle WMD.
Meccanismi di cambiamento: se gli"aspetti geografici" concernono l’elemento spaziale, i "meccanismidi cambiamento" riguardano il fattore temporale ed il livello diurgenza, di efficienza, di costo e dei possibili effetti secondaricoinvolti. L’approccio "clintoniano" nei confronti del Mediterraneomeridionale ed orientale con l’accento posto sul dialogo, suitrattati, sull’accrescere la fiducia e sugli incentivi economici ègià stato superato da politiche di intromissione, preventive edinterventiste. Mentre l'approccio interventista solleva problemietici, giuridici e politici, implica anche tanto la responsabilitàregionale che quella internazionale per la stabilizzazione e laricostruzione. Le campagne in Afghanistan e in Iraq sembra cheabbiano già accelerato il ritmo di cambiamento nell’ambito dellaregione e condotto ad una serie di iniziative locali, tra cuiprogetti di riforma della Lega araba, riforme sociali, democratichee riguardanti i diritti umani in Egitto e la decisione unilateraledella Libia di rinunciare alle proprie armi di distruzione dimassa.
Un nuovo sistema di valori:l’approccio più interventista degli Stati Uniti in Medio Oriente siaccompagna ad un tentativo di cambiare il sistema di valori nellaregione per renderlo più simile ai modelli democratici occidentali.Questo processo e l’enorme squilibrio di potenza determinato dallapresenza militare americana e lo squilibrio nel possesso diarmamenti sofisticati nella regione può generare ulterioreinstabilità e produrre probabilmente ulteriori atti di terrorismo.Per cercare di affrontare gli aspetti culturali della sicurezza epromuovere valori come la democrazia, i diritti umani e una societàaperta, sarà anche più importante definire dei nuovi concettioperativi e strategie di cooperazione tra la NATO, i paesi delDialogo ed altri attori nella regione.
Come procedere
La situazione globale suggerisce di farprogredire il Dialogo verso la cooperazione pratica in numerosinuovi settori, inclusi i seguenti:
Lotta al terrorismo: dovrebbe essereal centro di qualsiasi strategia di cooperazione nel campo dellasicurezza con un particolare accento posto sulla lotta allaminaccia che grava sulle infrastrutture dell'industria energetica.La vulnerabilità delle vitali rotte di navigazione rende laminaccia del terrorismo nel campo delle fonti energetiche assaireale. Di conseguenza, un attacco terroristico coordinato contro leinstallazioni energetiche causerebbe seri danni alle scorteenergetiche globali e all'economia mondiale e potrebbe comportarenumerose vittime.
Combattere la proliferazione delle WMD:richiederà di cooperare per arrestare in mare, aria, e terra ilflusso di WMD, dei loro vettori, componenti e materiali connessi.L’obiettivo deve essere quello di adottare delle procedure snelleper il rapido scambio di importanti informazioni riguardanti lasospetta attività di proliferazione e per massimizzare ilcoordinamento tra le azioni di interdizione deipartner.
Missioni umanitarie e di assistenza in casodi calamità: l'esperienza della ricostruzione post bellica inIraq ha dimostrato quale importanza abbia lo sviluppo di unacapacità di rapida risposta per colmare le carenze nell’assistenzaimmediatamente successiva ad un conflitto. Tale assistenza èfondamentale per avviare la ricostruzione.
Operazioni di sminamento: lo sminamentoumanitario è divenuto parte integrante delle operazioni perrafforzare la pace. Oltre alle terribili mutilazioni che le minecausano, esse costituiscono anche un ostacolo allo sviluppoeconomico di intere regioni. Di conseguenza, la cooperazione inquesto campo potrebbe contribuire ad accrescere la solidarietà trala NATO ed i paesi del Dialogo.
Operazioni di mantenimento della pace:il mantenimento della pace è probabilmente l’ambito più importantee fruttuoso per accrescere la cooperazione e la fiducia. Oltre alleattività di formazione, la cooperazione in questo campo può essereestesa alla pianificazione congiunta delle forze, alla creazione dicomponenti regionali per il mantenimento della pace, e allapartecipazione militare alle missioni di soccorso in caso dicalamità e di emergenza umanitaria.
Operazioni mediatiche congiunte: ifattori culturali possono rendere auspicabili delle operazionimediatiche congiunte per contribuire a promuovere le riformeeconomiche, militari e democratiche.
Creare le infrastrutture regionali:diverse parti della regione mediterranea sono carenti delleinfrastrutture necessarie per collegare i vari paesi e condurreefficaci operazioni militari. La costruzione di strade, aeroporti,di reti energetiche e informatiche è fondamentale tanto per lasicurezza che per lo sviluppo regionale.
Chiaramente, il Dialogo Mediterraneo hacompiuto un lungo cammino nello scorso decennio e, come nelleintenzioni, ha dato tanto alla NATO che ai paesi del Dialogoun'opportunità per cominciare a conoscersi reciprocamente.Costituisce già un efficace veicolo per condividere le informazioniin tutto il Mediterraneo come pure un utile foro per accrescere lafiducia. Essendosi ampliato già una volta per accogliere l’Algeria,la sua porta dovrebbe rimanere aperta per altri paesi. Dato che laGiordania, uno dei membri originari del Dialogo, non è in sensostretto un paese del Mediterraneo, non vi dovrebbero essere limitigeografici per la futura partecipazione. Gradualmente, dunque,potrebbe essere esteso per includere Iraq, Libano, Libia, Siria,più gli stati del Golfo ed anche l’Iran. L'esempio della Conferenzasulla sicurezza e la cooperazione in Europa, poi divenutaOrganizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, èistruttivo, dato che questa ha cercato, innanzitutto, di essere unaistituzione aperta alle adesioni e tesa a massimizzare il numerodei propri stati membri.
Fino ad oggi, il Dialogo Mediterraneo ha ingenerale tenuto un basso profilo nella regione. Le primeimpressioni nei paesi del Dialogo sono state un misto di critiche edi approvazione perché gli obiettivi finali di questa iniziativanon erano chiari né agli specialisti della sicurezza néall’opinione pubblica. Perché il Dialogo muova verso nuoviorizzonti di cooperazione e di partenariato, la trasformazione incorso dell'Alleanza deve essere spiegata nei paesi del Dialogo edevono essere affrontate le erronee interpretazioni riguardo almaggior ruolo di proiezione di potenza della NATO. Inoltre, lavisibilità del Dialogo dovrebbe essere accresciuta per costruire unsostegno interno a più strette relazioni con la NATO. L'Alleanzapotrebbe prendere l’iniziativa in questo campo facilitando ladiscussione sulle prospettive di trasformare il Medio Oriente e leregioni limitrofe in una zona libera da WMD.
Siccome la mancanza di progressi nel processodi pace in Medio Oriente ha costituito il principale fattorelimitante delle iniziative UE e NATO nella regione, entrambe questeistituzioni dovrebbero prendere in considerazione di assumervi unmaggior ruolo per la soluzione dei conflitti. Ciò si potrebbeottenere, in primo luogo, creando una comprensione strategica traEuropa e Stati Uniti sulle questioni medio-orientali analoga aquella sviluppata nei primi anni ‘90 riguardo agli approcci versol’Europa orientale e l'ex Unione Sovietica. Tale comprensionecontribuirebbe ad avviare e a rafforzare l’attuazione degli accordiche sono già stati negoziati e contribuirebbe a spianare la stradaper una più profonda cooperazione tra l'Alleanza e i paesi delDialogo.
Mohamed Kadry Said, ex generale, èattualmente consigliere per gli aspetti militari e specialisticipresso il Centro Al-Ahram di Studi politici e strategici a il Cairo(Egitto).